Jazz Musician and Composer

















Discografia essenziale
"Railroad", Saar Records 1976
"Move Your Feet", Paul Sharada, Il Discotto Productions 1984
"Kkhan", C. Mazza Quintet, Splasch Records 1988
"Italian Standards", B. Castellani Quartet , Il Posto Records 1989
"Italian Standards 2", B. Castellani Quartet, Il Posto Records 1990
"University Jazz Project", Artis Records 1991
"Rains ", TGE Records 1992
"Italian Standards: a new page ", Castellani - Benini Quintet , TGE Records 1994
"Sybil", B. Castellani Group, MAP Records 1994
"Ninetysix", Castellani - Benini Quintet, General Records 1996
"Il Sogno che avanza" - Bifo Band, Bam Records 1996
"For Health Giving Fun" - Bifo Band, Bam Records 1998
"Raw Jazz", Castellani - Benini Quintet, Panastudio Records 1999
"Apokalyptische Stadt", Rains, Mellow Records 2001
"Italian Standards", Beppe Castellani, (compilation), Azzurra Music 2001
“Un giorno dopo l’altro”, Beppe Castellani – Giorgio Signoretti Duo , Azzurra Music 2004
"Hard Bossa", Bossa Nova Messangers, Azzurra Music 2006
"Mo' better blues", Mo' better blues, Junodownload 2008
"Verona jazz", Il jazz A Verona - Compilation con E. Rava, S. Bollani, F. Bosso, I. De Paula ed altri, Azzurra Music 2000"Italian "Italian Standards Ballads" - Beppe Castellani Quartet - Azzurra Music 2024
"Confidential" - Beppe Castellani Quartet - Azzurra Music 2025
"Interplay" - Castellani-Leveratto Duo - New York City 1998, Maxy Sound 2025
"U 47" - Rains - E. Terragnoli Homestudio 2007, Maxy Sound 2025
Attività collaterali
-Autore del saggio "Paoli e il jazz", contenuto nel libro "Paoli" di A. Bagnasco (Muzzio Editore - 1989)
-Commento al brano "Tu non hai capito niente", nel libro "Il mio posto nel mondo" (Luigi Tenco , cantautore) di E. De Angelis, E. Deregibus, S.S. Sacchi - B.U.R. 2007
-Già relatore del corso di "Storia della musica jazz" presso il Centro di Studi Musicali di Verona.
ITALIAN STANDARDS
La canzone d’autore in jazz
Il progetto " Italian Standards" nasce nel 1988 con l’intenzione di percorrere in Italia la stessa via intrapresa da innumerevoli musicisti di jazz d’oltre oceano: partire dalla popular song per giungere alla realizzazione di un nuovo brano che, pur conservando la peculiarità della linea melodica, offra un tessuto armonico più stimolante per l’improvvisazione e una maggiore ricchezza ritmica.
Sono state dunque prese in esame alcune delle più famose canzoni di celebrati autori come L. Tenco, G. Paoli, U. Bindi, M. Remigi ed altri , attuando un lavoro di arrangiamento e ristrutturazione che ha visto protagonisti in prima battuta Beppe Castellani e Giorgio Signoretti.
Si è aggiunto in seguito l’apporto di altri musicisti che, in diverse circostanze, hanno reso più varia e sempre in rinnovamento questa proposta.
Noi cultori della canzone d’autore italiana abbiamo sempre avuto un complesso: quello che i nostri cantautori venissero apprezzati molto per i testi ma poco per le musiche. A parte il fatto che una canzone va comunque valutata per l’insieme simultaneo delle due cose, per la compenetrazione più o meno perfetta tra note e parole, in ogni caso siamo convinti che ci siano stati tra i cantautori anche compositori pregevolissimi: dalla complessità classicheggiante di Umberto Bindi alla scrittura di Luigi Tenco così affine al song americano di Tin Pan Alley, a tanti altri, compreso quel Gino Paoli accusato di aggirarsi sempre sugli stessi accordi ma… vivaddio: che meravigliose melodie ha inventato su quegli accordi?
Per fortuna un giorno è arrivato il sax di Beppe Castellani, e, forse primo in Italia, ci ha dimostrato che una miriade di canzoni italiane contengono in sé melodie e armonie da prestarsi magnificamente ad essere esaltate e rielaborate (in jazz, ma potrebbe anche essere in altre forme, latine per esempio) proprio come i grandi standard americani a cui i jazzisti ci hanno abituato. Questo nuovo capitolo discografico di Castellani & soci (protagonisti anch’essi in prima persona, questi ultimi, nella reinvenzione) lo conferma ancora una volta e anzi va ancora più in là: perché non solo attinge a quattro capolavori della grande moderna canzone d’autore di Tenco Gaber Endrigo e Jannacci… ma ci ricorda per esempio, con Bambina innamorata, che tra anni ‘30 e ’40 l’Italia, infischiandosene dei goffi tentativi di soffocamento messi in atto dal regime fascista, ha conosciuto uno straordinario rinnovamento musicale rivisitando a modo nostro i ritmi del jazz e dello swing penetrati dall’America, grazie a compositori, arrangiatori, direttori d’orchestra e cantanti di brillante eleganza, e in particolare penso proprio agli autori, arrangiatori e interpreti di Bambina innamorata: Bracchi & D’Anzi, Pippo Barzizza, Alberto Rabagliati, il Trio Lescano, Natalino Otto… La scelta poi di Grazie dei fior mi offre un altro spunto interessante da approfondire in questo senso: ancor più del fascismo, fu il regime democristiano dell’immediatao dopoguerra, allarmato dall’invasione colonizzatrice della cultura americana sopraggiunta con i liberatori, a tentare una restaurazione della cosiddetta melodia all’italiana, di derivazione operistica, inventando per esempio il Festival di Sanremo; ma, guarda caso, fin dalla canzone vincitrice del primo festival, appunto Grazie dei fior, ci troviamo di fronte a una beguine che si presta perfettamente ad essere restituita dal Castellani Quartet in chiave scura, allusiva, sensuale, per nulla sdolcinata come si voleva che fosse. Addentrandosi poi di più negli anni ’60, Castellani & C conferiscono nuova vita a brani anche più popolari come E la chiamano estate di Franco Califano e Bruno Martino, o La notte dell’addio di Alberto Testa e Memo Remigi (un successo sanremese di Iva Zanicchi), cogliendone passaggi, sfumature e sottintesi che ad un ascolto consumistico erano forse passati inosservati. Un merito intelligente anche questo, forse persino più che quello di produrre esiti sublimi trattando materia già di per sé incandescente come quella che informa Quando, Non arrossire, Io che amo solo te o Sfiorisci bel fiore.
Enrico De Angelis
Dalle note di copertina di Italian Standards Ballads
Riecco Beppe “Black” Castellani con il suo ineffabile sax; riecco il musicista che ritorna a rivedere e a riplasmare in chiave jazz, dopo i quattro “Italian Standards” (1989-1990-1994 e 2001) un'altra pagina cantautorale e di evergreen italiani, affiancando a Endrigo (Io che amo solo te), a Gaber (Non arrossire), a Jannacci (Sfiorisci bel fiore) e a Tenco (Quando) canzoni entrate nell'immaginario collettivo come La notte dell'addio di Testa-Remigi, Bambina innamorata di Bracchi-D'Anzi, E la chiamano estate di Califano- Zanin-Martino e Grazie dei fior di Panzeri-Testoni-Seracini. Otto brani che il sax di Castellani disegna con la consueta sensibilità, tra fluide, limpide linee melodiche e leggibili cluster di aperta improvvisazione, a cui danno man forte in un empatico interplay il preciso, lineare beat di “Bobo” Facchinetti, il fraseggio bluesato, cristallino e al tempo stesso parcellizzato di “Cigno” Signoretti e la scultorea, iterativa “cavata” di Luca Pisani. Il risultato, come dice il titolo stesso del Cd Italian Standards Ballads, è una fotografia in bianco e nero, dove armonia ed equilibrio si alternano e si amalgamano con squarci ritmici ed elaborate dissolvenze e dove i temi espressi dai brani (ora di speranza, ora di delusione, ora di felicità, ora di dolore) si trasformano in note musicali. Indubbiamente alle spalle del Beppe Castellani Quartet c'è un puntiglioso, sofferto lavoro di scelte, di armonizzazioni e di arrangiamenti, di cui la premiata ditta Castellani- Signoretti è indiscussa protagonista (citiamo in particolare La notte dell'addio, Sfiorisci bel fiore, Io che amo solo te, Grazie dei fior, etc.), ma sopratutto si avverte-come sottolinea giustamente Eric Dolphy, “la voglia di esplorare le potenzialità espressive degli strumenti” o ancora- parole del “poeta “Gerry” Mulligan- “l'orgoglio di lasciare un'impronta originale ed esteticamente forte”....
Giampaolo Rizzetto
Dalle note di copertina di Italian Standards Ballads
"Mi sono sempre chiesto, da quando ho cominciato a interessarmi di musica, perchè mai i jazzisti, quando attaccano i cosiddetti standard per giocarci, per elaborarli, per sviarli, per stravolgerli, si rivolgono sempre e soIo ai song americani e basta. Capisco perfettamente che i Gershwin, i Porter, i Kern, i Rodgers siano un invito a nozze per chi ama l'improvvisazione, per chi si trova davanti a tanto ben di Dio da manipolare. Ma mi è sempre parso, per esempio, che anche la buona vecchia canzone italiana avesse le carte in regola per prestarsi alla creatività dei jazzisti; eppure non ne ho mai visto traccia nei loro lavori, se non in casi sporadici. E sì che la canzone italiana è tra le più gloriose al mondo; e per il bagaglio di tradizione culturale che si porta appresso da secoli ha ormai l'autorevolezza di un santone dalla barba bianca. Andavo così immaginando trasformazioni mascherate delle eleganti canzoni di Giovanni Danzi, pensavo ad avanzati arrangiamenti di quel brillante swing italiano di passaggio tra gli anni Trenta e Quaranta, sognavo qualche sofisticata trovata jazz sui miei amati cantautori, specialmente quelli della prima generazione, le cui melodie raffinate e articolate ben richiamano il respiro fecondo della grande canzone americana o della grande canzone francese: Paoli, Tenco, Bindi, Endrigo, Donaggio, Lauzi... Molte di queste canzoni sono diventate nel frattempo dei veri classici della musica cosiddetta leggera, carichi di prestigio e potenzialità evocativa del sentimento. Mi pare davvero un delitto non cogliere le chances musicali che di sicuro quei pezzi contengono, più o meno in segreto. Non che siano mancati i talenti jazzistici nella canzone italiana né scambi reciproci tra un settore e 1' altro né, in particolare, manifestazioni di vocalità jazzata al servizio della nostra canzone. Per fare solo un esempio che cade contemporaneo alla registrazione di questo disco, cito il trattamento delle canzoni di Luigi Tenco con la voce di Tiziana Ghiglioni, guarda caso affiancate nello stesso concerto a quelle di Billie Holiday. Ma ben raramente ho visto un'elaborazione invece strumentale delle partiture: un'operazione, cioé, volta quasi a mettere in chiaro che eliminando il testo si può fare qualcosa di più del riproporre semplicemente una canzone in nuova veste, bensì dimostrare che da quello spunto si può anzi partorire una creazione del tutto nuova. Avevo finito per attribuire questa mancata esperienza, come dire?, alla stravaganza dei jazzisti, come se i jazzisti, a me cultore della canzone d'autore, apparissero una specie di casta chiusa, bizzarra e impermeabile alla penetrazione dall'esterno, gelosa e orgogliosa dei propri linguaggi specifici. Poi un giorno incontro Beppe Castellani e l'abisso improvvisamente si colma, i due mondi si riconciliano. (......)"
Enrico De Angelis
Dalle note di copertina del CD "Italian Standards: a new page".
Beppe Castellani in Tenco in Jazz
Un giorno dopo l'altro
di Giorgio Coppola
E' da molti anni che in Italia si sta tentando un recupero del prezioso ed enorme archivio della musica leggera nostrana. Tanto non solo in risposta alla "standardizzazione" fatta sin dall'inizio dai musicisti americani con il loro bellissimo song book, ma anche sotto certi aspetti per meri scrupoli commerciali. Un tentativo cioè non solo di valorizzare quanto di bello scritto dai cantautori italiani tramite il raffinato lavoro dei nostri jazzisti, ma anche di avvicinare il grande pubblico ad uno stile musicale poco conosciuto come il jazz. E così nel corso degli anni abbiamo sentito brani dei vari Battisti, Mina, De Gregori, Guccini, ecc. essere modellati dal jazzista di turno, venendo fuori alla fine lavori a volte piacevoli, ed a volte un pò grossolani. In genere la mancata riuscita del prodotto va di pari passo con la necessità del jazzista di turno di manipolare il brano originale, armonizzando e sovrapponendo accordi al fine di rendere poi più interessante l'esecuzione dell'assolo. Spesso difatti ci siamo trovati lontano, ed anche troppo, dalla scrittura originaria, non riuscendo più a eseguire di essa una lettura in chiave jazzata, ma a compiere un stravolgimento del brano. Tanto proprio perchè essi brani si presentano il più delle volte su strutture armoniche molto semplici, per non dire a volte, molto elementari (lontano cioè dagli standard americani pieni di accordi, armonizzazioni, e classici II V I).
A Beppe Castellani, superbo sassofonista veronese, tutto questo non può essere imputato. Anzi, all'incontrario, gli si deve riconoscere di essere riuscito a mantenere intatta in quasi tutti i brani di questo cd la struttura originaria e la melodia dei brani di Tenco. Tanto è ancora più apprezzabile, tenuto conto che i capolavori del cantautore (suicidatosi, come noto, durante un lontano Sanremo) si incentrano sulle belle e tristi liriche, che naturalmente qui mancano del tutto.
Ma Beppe non è al primo lavoro in tale direzione, avendo già nella sua lunga discografia, affrontato la musica leggera italiana (si ricordi Italian Standards vol. 1 e 2 del 1989 e del 1990, Italian Standards a new page del 1994, ecc.). Nella sua bella carriera ha suonato con grandi musicisti come Wheeler, Tavolazzi, Leveratto, Benini, e qui il suo sax tenore è accompagnato dalla chitarra sempre puntuale e pulita di Giorgio Signorelli, ed insieme rivisitano il repertorio di Tenco, spaziando tra brani più noti ("Vedrai Vedrai", "Mi sono innamorato di te", "Ho capito che ti amo") e meno noti, ma tutti ugualmente suonati con feeling e rispetto del brano. Nelle note di copertina, Roberto Ceruti, richiama la figura di Tenco, inizialmente impegnato in stile Jerry Roll Morton con Bruno Lauzi, sottolineando come si tratta di una "riscrittura in chiave originaria delle idee del cantautore genovese". Il suono di Castellani è armonioso, e richiama alla mente le ballad di Gordon, si lascia andare in frasi compiute ed affascinanti, dimostrando grande facilità di esecuzione, ed impegnandosi in fantasiosi intro di grande impatto. Da sottolineare l'esecuzione di "Come mi vedono gli altri" e di "Un giorno dopo l'altro", davvero belle.
Questo disco fa parte di una collana denomiata "Red Sax", precisamente vol.9, ma non sappiamo purtroppo dirvi quali altri cd sono usciti con questo titolo.
Tenco in sax - Un giorno dopo l'altro
Beppe Castellani - Giorgio Signoretti (Azzurra Music - Italia - 2004)
Angelo Leonardi (ALL ABOUT JAZZ)
Il sassofonista Beppe Castellani e il chitarrista Giorgio Signoretti vantano una collaborazione più che decennale e un merito che pochi ricordano di sottolineare: nel maggio 1989, col disco Italian Standards, sono stati i primi in Italia a incidere un album interamente dedicato alla nostra canzone d'autore. L'aveva prodotto un'etichetta veronese, emanazione di un locale ormai defunto (Il Posto), che fece uscire l'anno seguente un secondo volume. Con loro, impegnati nel songbook di Gino Paoli e Luigi Tenco, c'erano il bassista Ares Tavolazzi e il batterista Riccardo Biancoli.
Da allora Castellani e Signoretti hanno inciso spesso insieme (ad esempio in A New Page, terzo capitolo sugli standard italiani con Leveratto e Biancoli, e nei progetti Rains e Sybil, con differenti organici).
Quest'album non nasce dunque per caso: è frutto di un'indagine a lungo sentita e interiorizzata, che s'alimenta della profonda affinità artistica che lega i due strumentisti.
Castellani è un eclettico sax tenore sul modello rollinsiano che talvolta vira verso il rhythm & blues o non disdegna progetti sperimentali (ha collaboratocon Tony Oxley, Kenny Wheeler ed Ernst Reijseger); autentico musician's musician Signoretti è a suo agio sia nelle sofisticate armonie del jazz che nei "ruvidi" climi blues e rock. Ha collaborato con Mauro Negri ed è stato "maestro" di Simone Guiducci.
In questo disco, inciso nell'aprile 2004, tutta la raffinatezza e l'intensità melodica della canzoni di Tenco viene esaltata da una fascinosa conversazione musicale, ricca di poesia. C'è un bell'equilibrio tra il rispetto per l'identità dei temi e l'esigenza di trasformare: il timbro suadente e profondo del tenore ravviva le belle improvvisazioni melodiche mentre la chitarra accompagna con raffinate e complesse armonie, uscendo poi con assoli disarticolati di grande interesse. Un dialogo maturo, rilassato e ricco di sottigliezze, dunque, che nasce dall'intimo ascolto reciproco e coniuga ricerca e lirismo.
I due artisti sono riusciti a trovare nuovi motivi per esplorare il pianeta Tenco, superando il rischio di ripetizioni. Tra i brani più interessanti ricordiamo "Un Giorno dopo l'altro", "Come mi vedono gli altri", "Se sapessi come fai".
Tenco in sax - Un giorno dopo l'altro
Beppe Castellani - Giorgio Signoretti (Azzurra Music - Italia - 2004)
di Roberto Ceruti
La liricità e la dinamica dei due solisti sono talmente evidenti ed espressive, da mettere a nudo gli stati d'animo di ogni singola battuta. Il suono crudo del sax tenore di Castellani non lascia spazio a falsi abbellimenti gigioneschi. Il suo soffiato è un ansimare di sofferenza e di piacere al tempo stesso, ma si cala nella beatitudine generale di cui questo disco è intriso.
Il "Cigno" Signoretti ha nelle dita una innata sapienza, che trasmette alle sei corde in simbiosi perfetta con i suoi stati d'animo. E' facile leggere tra le righe la gioia e l'oscura guerra interiore
che caratterizzavano la personalità di Luigi Tenco.
BEPPE CASTELLANI 4et “Italian Standards vol. 1 & 2”
IL POSTO RECORDS, 1989, 1990. lp
di Alessandro Nobis
I due dischi realizzati per “Il Posto Records” a cavallo del 1990 dal quartetto guidato dal tenorista Beppe Castellani con Ares Tavolazzi al contrabbasso, Riccardo Biancoli alla batteria e Giorgio “Cigno” Signoretti alla chitarra sono tra i più significativi progetti nati a Verona in quegli anni ed uno dei primi a rendere finalmente omaggio ai brani di due grandi cantautori italiani come Luigi Tenco e Gino Paoli. A distanza di trent’anni il progetto “Italian Standars” mantiene inalterata la bellezza della musica, la scelta oculata della scaletta ed i preziosi arrangiamenti curati dalla coppia Castellani – Signoretti che lasciavano ampio spazio all’interplay tra i quattro strumenti ed anche all’esecuzioni di assoli sempre di ottima fattura e misurati. Ad esempio la splendida riproposizione del brano di Paoli “Gli innamorati sono sempre soli”: tema esposto dal tenore di Castellani con seguente lungo assolo che introduce quelli di Signoretti e di Tavolazzi e il tenore che chiude il cerchio. Oppure nella seguente struggente e pacata ballad “Mi sono innamorato di te” uno degli high-lights di “Italian Standards” a mio avviso per l’intensità che comunica. Jazz mainstream di eccellente fattura, suonato con grande perizia ed intelligenza che ha saputo translare gli spartiti di Paoli e Tenco nel mondo della musica afroamericana ad un livello inedito per quegli anni. Dispiace solamente che la diffusione di questi due lavori, a mio avviso due perle del jazz italiano, non sia stata al livello della qualità della musica ma, come si dice, “del senno di poi son piene le fosse”. Dispiace comunque.
BEPPE CASTELLANI • GIORGIO SIGNORETTI “Tenco in sax • Un giorno dopo l’altro ”
Azzurra Music / Red Sax Volume 9. CD, 2004
di Alessandro Nobis
Per quel che ne ho personale contezza è dalla fine degli Ottanta che il tenorista Beppe Castellani approfondisce lo studio del prezioso repertorio della canzone d’autore italiana e lo testimoniano i due ”Italian Standards” pubblicati da “Il Posto” Records e che ci sia anche una certa continuità con questi lo si evince dalla copertina di questo “Tenco in sax” che riporta la foto graficamente rimaneggiata del primo dei due volumi. Detto questo, il lavoro di Beppe Castellani è stato ancora una volta certosino, rispettoso e approfondito come merita questo repertorio straordinario; si trattava di studiare il modo di ridurre all’essenziale le bellissime melodie di queste ballads liberando i due strumenti per un efficace interplay e per l’improvvisazione tenendo conto dell’assenza di una sezione ritmica. Impresa non facile perché cadere nel “ricalco pedissequo” di queste popolari canzoni ritengo sia quanto facile che rischioso se non c’è un progetto come questo di Giorgio Signoretti e Beppe Castellani.
Di questo “Tenco in sax – Un giorno dopo l’altro” vorrei citare “Ragazzo mio”, incisa in origine nel 1964 con l’arrangiamento di Giampiero Boneschi, che si apre con l’arpeggio della chitarra e dopo l’esposizione del tema ed un solo di Castellani si contraddistingue per un “raro” quanto significativo assolo di “accordi” di Signoretti e la celeberrima “Vedrai, Vedrai” incisa da Tenco nel 1965 con l’arrangiamento di Ezio Leoni e la collaborazione del pianista Renato Sellani che viene qui proposta con una brillante intro del sassofono tenore che anticipa l’esposizione del tema in duo; prestare attenzione a cosa musicalmente succede tra i “temi” delle ballads ritengo sia tra le cose più interessanti di questo lavoro ed in genere delle riletture in chiave jazz o “trasformazioni” di standard.
Penso sia importante citare le registrazioni originali soprattutto per noi semplici fruitori perché anche facendo un confronto tra esse e le riletture di Castellani & Signoretti (la tecnologia oggi lo consente facilmente) si può comprendere appieno quanto sia stato produttivo e interessante il lavoro dei due jazzisti.
Concludendo mi resta un dubbio: all’epoca del fatti (2004) questo compact disc è stato “circuitato” tra i direttori artistici e promoter dei numerosi piccoli e grandi festival jazz italiani come avrebbe meritato?
BOSSA NOVA MESSENGERS
Il progetto nasce dalla collaborazione tra il tenorsassofonista Beppe Castellani e il chitarrista Ennio Righetti, profondo conoscitore della musica brasiliana.
L'intento è di interpretare con feeling jazzistico famosi brani degli autori più celebrati della Bossa Nova (da A.C.Jobim a C.Buarque, da V.De Moraes ad altri) ed anche di scoprirne composizioni forse meno conosciute ma comunque altrettanto affascinanti.
Il repertorio è arricchito inoltre da pertinenti "standards" e anche da "songs" di varia origine divenute successi internazionali (ad esempio "Estate" del nostro B.Martino). Il tutto in ogni caso inserito nella peculiare estetica della musica brasiliana.
L'impianto stilistico del quartetto si allinea al moderno mainstream, nella scelta sostanzialmente tradizionale delle sonorità, della sezione ritmica e degli arrangiamenti.
RAINS
MUSIC IN PROGRESS
Rains nasce nel 1992 in contemporanea con l’ uscita del CD omonimo.
L’ idea del suo fondatore, il tenorsassofonista e compositore Beppe Castellani, si consolida attraverso ulteriori produzioni discografiche come laboratorio musicale nel
quale i componenti del gruppo interpretano i brani secondo il proprio gusto e le proprie esperienze con riferimenti stilistici anche molto diversi.
Il groove è elettrico, il sound particolarmente scarno ed aggressivo, l’ improvvisazione spesso molto libera con semplici input melodici o di colore.
Caratteristica essenziale e unica della band è l’ assenza di una sezione ritmica tradizionale (basso - batteria), sostituita dagli effetti delle chitarre e dalle percussioni.
Se state leggendo queste righe significa che avete nelle mani questo splendido U 47
di “Rains”, quartetto del tenorista Beppe Castellani registrato in compagnia di Francesco “Sbibu” Sguazzabia alle percussioni, di Giorgio Signoretti alla chitarra e di Enrico Terragnoli alle chitarre ed elettronica. Si tratta di otto tracce registrate nel 2007 e rimaste nell’archivio del sassofonista in attesa dell’occasione migliore per pubblicarle, momento che alla luce dell’ascolto è finalmente arrivato grazie all’etichetta Maxy Sound. Beppe Castellani è conosciuto per le sue intelligenti e rispettose rivisitazioni della migliore canzone d’autore italiana ma questo “U 47” è una piacevole sorpresa per la direzione intrapresa da questo quartetto. Si percepisce a mio avviso in modo lampante la condivisione del progetto ”Rains” dove le tracce si sviluppano partendo da semplici pattern che consentono ai “quattro” di creare spontaneamente questo “post jazz rock” o meglio “jazz elettrificato” permeato da un uso intelligente dell’elettronica curata da Enrico Terragnoli che permea tutto il disco: nel brano eponimo ad esempio, o in “Eyes on the Freeway” aperto dal tenore e da arpeggi di chitarre “innaturali”, o ancora in “Roll over your Baby”, dove Sbibu detta il ritmo iniziale e il suono naturale di Castellani si accompagna alla perfezione con le chitarre, la semiacustica di Signoretti e quella direi “preparata” di Terragnoli (significativo a mio modesto avviso il suo solo). Insomma, par di vederlo questo “processo creativo”, uno sguardo per lasciare spazio ora a uno ora all’altro senza alcuna prevaricazione e con grande rispetto reciproco: significa che il progetto è solido, che il risultato finale è davvero convincente e che il motore di questo U 47 merita di essere senz’altro riavviato.
Buon ascolto, anzi ripetuti buoni ascolti.
Alessandro Nobis, musicofilo.